La folle corsa del prezzo del caffè spinge a riflettere ancora di più sulla possibilità di utilizzarne ogni grammo. Si moltiplicano così studi e ricerche su come poter sfruttare anche quelle parti che solitamente finiscono per essere scartate, in quanto residuo della lavorazione di questa materia prima sempre più preziosa.
Come noto, infatti, il caffè è secondo solo al petrolio come prodotto scambiato a livello globale e non smette di sorprendere anche per gli scarti derivanti dalla sua lavorazione. Nel biennio 2023-2024, la produzione mondiale di caffè è stimata in circa 180 milioni di sacchi, ma ciò che spesso viene ignorato sono i volumi e il valore dei sottoprodotti generati durante la lavorazione. Un recente studio condotto dall’ENEA, l’Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, ha rivelato che questi scarti, tra cui cascara, pergamino e silverskin, potrebbero trasformarsi in risorse preziose per diversi settori industriali, aprendo nuove opportunità per l’economia circolare.
La cascara, la buccia essiccata della ciliegia di caffè, è uno dei sottoprodotti che ha attirato l’attenzione degli studiosi per le sue proprietà benefiche. Secondo Loretta Bacchetta, ricercatrice ENEA, gli scarti del caffè, solitamente considerati problematici, possono invece diventare vere e proprie “miniere” di molecole come antiossidanti, polifenoli e minerali. La ricerca pubblicata sulla rivista Plants ha identificato ben 93 molecole non volatili nella cascara, un numero record che apre a nuove possibilità di utilizzo.
L’impiego di questi scarti nella produzione di nuovi prodotti potrebbe, infatti, generare reddito aggiuntivo per i coltivatori di caffè, seguendo i principi di economia circolare, particolarmente nei periodi di incertezza del mercato del caffè.
Anche altri sottoprodotti del caffè, come il pergamino (lo strato protettivo che avvolge i semi) e la silverskin (la cuticola argentata), nascondono proprietà che potrebbero rivoluzionare diverse industrie. Il pergamino, ad esempio, è stato suggerito come erbicida naturale per l’agricoltura, mentre la silverskin si sta studiando come ingrediente per prodotti alimentari, addensante e colorante.
Inoltre, la silverskin può essere utilizzata negli infusi o per migliorare la qualità del suolo agricolo, rendendo la coltivazione dei funghi più efficiente.
L’innovazione sostenibile di Biosyness
Un’altra interessante applicazione dei sottoprodotti del caffè viene dalla start-up milanese Biosyness, che sta sviluppando un materiale innovativo per rivestimenti. Questo materiale è composto da poliuretano termoplastico (TPU) miscelato con cellulosa e fondi di caffè rigenerati.
Come spiega Alireza Mansouri, fondatore della start-up, il materiale è utilizzato per creare rivestimenti simili alla pelle, ideali per mobili e imbottiti. L’obiettivo è formulare composti anche con biopolimeri come PLA e PBAT, migliorando la durata e la flessibilità dei materiali, grazie all’impiego di fondi di caffè micronizzati.
Questa innovazione, ancora in fase di sviluppo, potrebbe segnare una svolta nell’industria dei materiali sostenibili, dimostrando come il riciclo e la valorizzazione dei sottoprodotti possano contribuire a ridurre l’impatto ambientale e promuovere una crescita sostenibile.
La produzione di caffè rappresenta una fonte fondamentale di reddito per milioni di famiglie nei Paesi in via di sviluppo, spesso situati tra i due tropici. In un contesto globale segnato da cambiamenti climatici e fluttuazioni dei prezzi, la valorizzazione dei sottoprodotti del caffè può rivelarsi una soluzione vantaggiosa, contribuendo non solo a migliorare le condizioni economiche dei produttori, ma anche a promuovere un modello di economia circolare globale.