Secondo quanto riportato dal portale d’informazione specializzato polimerica.it, un gruppo formato da 38 CEO dell’industria della plastica statunitense hanno inviato al Senato americano una lettera con la quale richiedono un dietro front rispetto alla proposta di introdurre una tassa sulla plastica vergine, pari a 20 centesimi di dollaro per libbra, che avrebbe garantito alle casse dello Stato un introito di 120 miliardi di dollari.
Secondo i CEO si tratterebbe di una tassa iniqua che andrebbe a ricadere sul portafoglio dei consumatori, che si troverebbero di fronte ad un aumento dei prezzi dei prodotti con packaging plastico del 26%.
Inoltre, la tassa spingerebbe a rivolgersi a mercati diversi – nello specifico alla Cina – per approvvigionarsi di materia prima più economica, ma sicuramente di qualità inferiore e/o ad usare materiali alternativi che, nel loro ciclo produttivo, spesse volte impattano sull’ambiente molto più della plastica.
All’ipotesi di introduzione della nuova accisa sulla plastica vergine, c’è poi quella di un’ulteriore tassa che dal 2022 andrebbe a colpire tutti gli articoli monouso, compreso i packaging utilizzati nel settore della ristorazione, e che sarebbe di 10 centesimi di dollaro per libbra sulla plastica utilizzata, suscettibile di aumento nel 2023.
Anche gli imprenditori statunitensi ritengono che la soluzione corretta al problema della plastica sia il corretto smaltimento, con conseguente riciclo dei materiali recuperati.