[df-subtitle]Lo spiega Matteo Pattuelli, direttore generale di Senzani[/df-subtitle]
10-07-2017 – La crescente domanda del mercato di caffè in capsule soprattutto nel canale domestico, col conseguente calo delle vendite di quello macinato, spinge molti torrefattori a implementare linee di produzione per l’incapsulamento del caffè.
Ma la tecnologia e il know-how relativo alla produzione di caffè macinato possono essere applicati tout court alla realizzazione del prodotto in capsule? Evidentemente no! Lo spiega Matteo Pattuelli, direttore generale di Senzani, azienda specializzata in macchinari e tecnologie per l’imballaggio automatico, primario e secondario, nell’intervista da leggere qui nella versione integrale e della quale riportiamo i punti principali:
- la tecnologia che sta alla base di incapsulamento e astucciamento modifica sostanzialmente i flussi di lavoro tradizionali, a cominciare dalla materia prima, che nel caso delle capsule deve essere, ad esempio, macinata in maniera differente;
- è necessaria una conoscenza tecnica specifica sul funzionamento dei macchinari e dell’intera filiera produttiva, che permetta di scegliere il sistema di incapsulamento più conveniente;
- mentre le capsule autoprotette possono essere astucciate senza sovraimballi, quelle non autoprotette, essendo traspiranti, hanno bisogno di essere confezionate singolarmente in un flowpack e successivamente astucciate;
- la caratteristica fondamentale che deve avere la macchina dedicata all’incapsulamento è la flessibilità, sia di formato, sia di velocità di lavoro;
- per minimizzare i costi e i flussi di lavoro, servono impianti personalizzati che garantiscano l’azzeramento degli scarti di produzione e quindi l’ottimizzazione fino al 100% della produzione.
Tutti i dettagli e i consigli nell’intervista da leggere qui!