Era il 2014 quando venne scoperta una vera e propria organizzazione a delinquere, specializzata nella clonazione di chiavette elettroniche, che venivano vendute ai dipendenti della Fiat di Termoli, un giro che si era poi allargato ad altre aziende coinvolgendo più regioni. L’indagine si era conclusa con un’operazione svolta tra Abruzzo, Molise e Puglia ed aveva visti impegnati i Carabinieri di più compagnie, che sinergicamente avevano portato a termine l’inchiesta con 15 persone arrestate e 100 indagati.
L’indagine, definita “complessa” dagli stessi inquirenti, era partita nel 2013 in seguito alla denuncia sporta dalla Generale Ristorazione, società che gestisce i distributori automatici di numerose aziende delle regioni coinvolte, insospettita dagli ammanchi che registrava su determinate postazioni.
Le indagini avevano permesso di smascherare una vera e propria organizzazione facente capo a un dipendente della Fiat di Termoli, che aveva scoperto come clonare le chiavette attraverso un dispositivo collegato a un computer.
L’uomo si era attorniato di un nutrito gruppo di persone le quali procacciavano “clienti” all’interno degli stabilimenti del gruppo Fca, avvalendosi di “collettori” che raccoglievano le chiavette e le riconsegnavano con un credito caricato di 15 euro a fronte del pagamento di 5 euro. Il sistema aveva portato ad un ammanco stimato intorno ai 300.000 euro.
Coloro che avevano scelto il rito abbreviato – 12 degli indagati – furono condannati, mentre gli altri scelsero il rito ordinario, incanalandosi così nei lunghi iter processuali, conclusisi solo oggi con l’assoluzione degli indagati.
La Cassazione ha, infatti, annullato senza rinvio le sentenze che avevano condannato per associazione a delinquere il presunto capo della banda e un suo ex collega, escludendo di fatto ulteriori processi. Sicché a distanza di dieci gli imputati gravati delle accuse più pesanti ne escono puliti con l’annullamento di tutte le sentenze.