21-01-2015 – È un periodo particolarmente disagevole per alcuni ospedali toscani che in questi giorni sono al centro di polemiche per la carenza di un servizio di ristoro adeguato alle esigenze dell’utenza.
Il primo caso riguarda l’ospedale Santo Stefano di Prato ed è venuto alla ribalta a seguito dell’intervento di Fabio Baldi, presidente di Cittadinanza Attiva/Centro per i Diritti del Malato, il quale ha denunciato lo stato di disagio in cui si trovano pazienti, visitatori e personale del nosocomio, dopo che per decisione dei Vigili del Fuoco e per motivi di sicurezza sono stati rimossi i distributori automatici presenti sui piani, lasciando attivo un unico punto ristoro al piano terra. Per l’utenza è difficile potersi allontanare per rifocillarsi e questo vale soprattutto per il personale medico e paramedico.
I distributori automatici del Santo Stefano appartengono a un Concessionario della Serim e proprio al presidente della società, Bruno Mazzoleni, abbiamo chiesto maggiori spiegazioni su quanto accaduto.
Pur mostrando massima comprensione per la decisione dei Vigili del Fuoco, trattandosi della sicurezza dei cittadini, e precisando che l’iniziativa del presidente di Cittadinanza Attiva è del tutto avulsa da qualsiasi eventuale pressione da parte della compagnia di gestione che non conosce personalmente il signor Baldi, va sottolineato che le motivazioni che hanno portato alla rimozione delle macchine risultano alquanto discutibili. Ad esempio, i 18 distributori posti sui 3 piani erano collocati in salette d’attesa dove non intralciavano il normale svolgimento delle attività quotidiane. I Vigili del Fuoco hanno però classificato le salette come “luogo sicuro in cui rifugiarsi in caso d’incendio” e pertanto i distributori dovendo “fare spazio” andavano rimossi.
Non basta, perché gli stessi distributori automatici sono stati considerati pericolosi in quanto “recanti rischio d’incendio”, un rischio che non è confermato nemmeno statisticamente. Ma questa è la decisione e alla Serim, attraverso il suo Concessionario, resta solo la possibilità di portare avanti un confronto con chi di competenza, affinché si individui una soluzione che consenta al gestore di espletare il servizio e ai cittadini di poterne usufruire.
Caso analogo si sta verificando all’ospedale S. Luca di Lucca dove esiste un unico punto ristoro presso il Pronto Soccorso, per altro ubicato in una struttura separata da quella principale dove risiedono i pazienti e la maggior parte del personale medico e paramedico. Quando il bar interno chiude, e quindi soprattutto nelle ore serali e notturne, questi sono costretti ad uscire dalla struttura e recarsi al Pronto Soccorso per una bottiglia d’acqua o un caffè.
A denunciare la situazione del San Luca è intervenuto Pietro Casciani della Uil Fpl, il quale nel mettere in luce le carenze del nosocomio, evidenzia in particolare quella dei punti ristoro chiedendone il necessario allestimento.
Come mai all’ospedale di Lucca, nonostante la particolare struttura, esiste solo un punto ristoro? Possibile che al Santo Stefano non vi siano locali “sicuri” in cui installare nuovamente i distributori automatici?
Entrambi i casi, comunque, mostrano quanto sia importante il ruolo del servizio automatico h24 soprattutto in strutture come quelle in discussione.