Il Regno Unito potrebbe essere il primo paese a introdurre una “snack tax”, una tassa sugli snack con un doppio obiettivo: da una parte spingere i produttori di merendine a rivedere le proprie ricette in funzione di una riduzione dei quantitativi di zucchero e sale e dall’altra aiutare le persone a migliorare la propria alimentazione.
A spingere ulteriormente in questa direzione è stata l’epidemia del COVID-19, che ha evidenziato come i casi più gravi e un alto tasso di mortalità si siano registrati tra le persone obese. Nel Regno Unito ci sono 13 milioni di adulti obesi, una cifra che è raddoppiata nel corso degli ultimi venti anni, mentre nella fascia di età fino ai 10 anni si è evidenziato che un bambino su tre è in sovrappeso. Una situazione che nel Paese determina 64.000 decessi all’anno e una spesa per il servizio sanitario che arriva a 74 miliardi di sterline.
Per approntare la nuova tassa, il governo inglese ha coinvolto un esperto: Henry Dimbleby, fondatore di una catena di ristoranti, che ha creato la Strategia alimentare nazionale e l’ha presentata a luglio al governo del Regno Unito.
La strategia si articola su due idee principali: una tassa sui cibi contenenti sale e zucchero, che i media hanno chiamato “snack tax” e la distribuzione gratuita di verdura alle persone più povere.
La tassa consisterebbe in un’imposta di 3 sterline al kg sullo zucchero e di 6 sterline al kg sul sale venduto per la produzione di alimenti trasformati e nelle attività di ristorazione.
Sembra, però, che il primo ministro Boris Johnson non sia d’accordo poiché, piuttosto di gravare i lavoratori di una nuova tassa, propenderebbe per una strategia che punti ad incoraggiare uno stile di vita più sano, spingendo le persone a fare esercizio fisico e mangiare meno cibo spazzatura.
La proposta di Dimblely è stata presentata al segretario dell’ambiente, George Eustice, che ha dichiarato che l’avrebbe presa in considerazione per elaborare una strategia governativa su questo tema nei prossimi mesi.