Quando l’intera filiera che ruota intorno al mondo delle plastiche sembrava essersi rassegnata, pur continuando a combattere, sull’entrata in vigore della plastic tax (prevista per il monouso dal 1° gennaio 2021) penalizzante per tutti, si fanno strada ipotesi sconfortanti circa una rimodulazione in negativo di questa ennesima accisa.
Due i fronti: l’Europa da una parte e l’Italia dall’altra.
Secondo quanto ipotizzato a luglio dal Consiglio europeo si potrebbe arrivare ad una tassa nazionale calcolata sul peso dei rifiuti plastici prodotti non riciclati pari a 0,80 centesimi al chilogrammo.
L’accisa andrebbe a sovrapporsi a quella prevista in Italia sul monouso e della quale manca ancora il decreto attuativo. Si tratta, come noto, di un prelievo pari a 0,45 centesimi per chilogrammo, anch’esso in vigore dal 1° gennaio 2020.
Per superare tale sovrapposizione, il ministro dell’Economia Gualtieri avrebbe dato incarico al Ministero e ai Monopoli di aprire un tavolo di lavoro con l’obiettivo di rimettere in discussione la tassa, così come concepita, ridurre gli oneri amministrativi e definire in maniera chiara quali sono i prodotti a cui applicarla.
Contemporaneamente, si fa strada un nuovo rischio, ovvero che venga ampliata la platea dei soggetti tenuti a onorare l’imposta, annoverando anche coloro che si trovano lungo la catena logistica che va dal produttore (già incluso) al consumatore (che in ultima analisi ne pagherà le spese). Ad essere coinvolti potrebbero essere anche i depositi, i grossisti, le piattaforme, sebbene si sia fatto presente che essi non contribuiscono ad immettere nuova plastica nel consumo, trattandosi semplicemente di intermediari lungo la catena di distribuzione.
Le associazioni di categoria sono pronte a reagire, qualora la riformulazione dell’imposta sulla plastica dovesse ulteriormente appesantirla, rendendola oltre modo insostenibile.
La speranza è che, dati i tempi stretti, l’entrata in vigore potrebbe slittare, dando così più tempo ai player della filiera di far sentire le loro ragioni. Non dimentichiamo che proprio grazie all’epidemia del COVID-19 vi è stata una generale rivalutazione del monouso poiché, proprio in quanto usa e getta, offre maggiori garanzie di igiene in un gran numero di contesti. Il monouso in plastica, inoltre, è senza dubbio più idoneo al contatto con gli alimenti rispetto a quello in carta, materia prima della quale vi è dubbia provenienza.
La buona notizia è che proprio poche ore fa il Senato ha approvato un emendamento presentato dal PD che chiedeva di abrogare la norma di utilizzare solo il 50% di plastica riciclata per produrre contenitori e stoviglie e consentirne l’uso fino 100%.