15-03-2016 – La fama e la pratica del “caffè sospeso” hanno varcato da tempo i confini di Napoli, la città in cui è nata l’abitudine di lasciare al bar un caffè pagato per chi non può permetterselo. La buona prassi si è estesa ad altre parti del territorio nazionale, varcandone i confini, coinvolgendo altre nazioni e, per assimilazione, altri prodotti come il pane.
Il caffè sospeso sembra, insomma, essere divenuto un po’ una moda, un’abitudine trendy dai risvolti sociali. E forse proprio per questo motivo, laddove la pratica è nata, si è voluto andare oltre rafforzandone il senso e dando al gesto un significato ancora più legato alle problematiche sociali.
L’associazione culturale e artistica “Gli Scugnizzi” per il recupero sociale dei ragazzi a rischio ha messo in campo un nuovo e diverso progetto del “Caffè… sospeso”: fornire un tirocinio formativo da barman con la possibilità di lavorare all’interno del bar del Tribunale dei Minori di Napoli, di recente ristrutturato attraverso i finanziamenti del Centro di Giustizia Minorile e con l’apporto delle aziende Caffè Borbone e Casolaro Hotellerie, che hanno offerto le attrezzature.
Obiettivo principale è garantire un’opportunità professionale, senza perdere di vista l’obbligo di scontare una pena ma finalizzandola alla rieducazione e al lavoro. Ai tirocinanti verrà offerto per tre mesi uno stipendio di 500 euro al mese, affinché i giovani possano comprendere che ci si può guadagnare da vivere onestamente.
Insomma, l’antica pratica del “caffè sospeso” è giunta alla versione 2.0. Ci auguriamo che, com’è accaduto per il suo progenitore, diventi presto un modello da seguire nel recupero sociale.
caffè sospeso