Contrariamente a quanto si possa pensare, lo smart working in Italia non è in declino. Anche dopo la fine delle misure semplificate che imponevano ai datori di lavoro di consentire il lavoro da casa per determinate categorie, il numero di lavoratori da remoto nel 2024 si attesta a circa 3,55 milioni, un calo minimo rispetto ai 3,58 milioni del 2023 (-0,8%). Questo fenomeno è particolarmente evidente nelle grandi imprese, dove il lavoro da remoto coinvolge quasi 2 milioni di lavoratori, con una crescita del 1,6% rispetto all’anno precedente. In effetti, il 96% delle grandi aziende ha consolidato iniziative di smart working.
Le piccole e medie imprese
Se da un lato le grandi imprese continuano a promuovere il lavoro flessibile, le piccole e medie imprese (PMI) mostrano un trend opposto. I lavoratori da remoto nelle PMI sono scesi a 520.000 rispetto ai 570.000 dell’anno scorso. Le microimprese e la Pubblica Amministrazione (PA) mantengono una stabilità, con 625.000 e 500.000 lavoratori rispettivamente.
Previsioni per il futuro dello smart working
Le prospettive per il 2025 sono positive, con una crescita prevista del 5%, portando il numero totale di smart worker a 3,75 milioni. Le grandi imprese saranno le protagoniste di questa evoluzione, con il 35% di esse che prevede di aumentare il numero di lavoratori coinvolti nel prossimo anno. Anche la PA segue questa tendenza, con il 23% delle organizzazioni che prevede un incremento. Tuttavia, solo l’8% delle PMI ha in programma di ampliare il proprio personale smart worker.
In media, gli smart worker italiani possono lavorare da remoto per 9 giorni al mese nelle grandi imprese, 7 nella PA e 6,6 nelle PMI. Questo modello di lavoro è molto apprezzato; infatti, il 73% dei lavoratori che ne beneficiano si opporrebbe a un eventuale abbandono della flessibilità. Il 27% di loro prenderebbe in considerazione un cambio di lavoro, mentre il 46% cercherebbe di persuadere il proprio datore a mantenere questa modalità.
Il ritorno in ufficio: motivazioni e scelte
Tra coloro che sono tornati in ufficio dopo un periodo di smart working, solo il 19% ha fatto questa scelta per motivi personali, preferendo la socializzazione con i colleghi. Al contrario, il 23% ha dovuto farlo a causa di un cambio di mansione non compatibile con il lavoro da remoto, mentre il 58% ha subito la decisione dell’azienda.
In conclusione, lo smart working in Italia rappresenta un modello di lavoro sempre più consolidato e apprezzato, con un futuro che sembra promettente, specialmente nelle grandi imprese e nella PA. Le sfide e le opportunità che si presentano richiedono un adeguato bilanciamento tra flessibilità e produttività, contribuendo così a una maggiore soddisfazione dei lavoratori e a un ambiente di lavoro più dinamico.