20-06-2017 – La Corte di Giustizia europea si è pronunciata: “latte” “burro” “formaggio” “yogurt” sono termini che non possono essere associati ai prodotti vegetariani e vegani poiché questi non hanno origine animale.
La sentenza è l’ultima tappa di un lungo contenzioso sorto tra l’azienda alimentare TofuTown e l’associazione Verband Sozialer Wettbewerb la quale si batte contro la concorrenza sleale in campo commerciale.
L’associazione accusa TofuTown di usare pratiche scorrette per identificare quei prodotti che rappresentano un’alternativa ai derivati del latte; l’errata denominazione confonderebbe i consumatori, “ingannati” dall’uso improprio dei termini generalmente riferiti a prodotti di derivazione animale.
L’azienda, invece, si difende sostenendo di non aver mai utilizzato le parole “latte” o “burro” in modo isolato, ma sempre associandole a termini che ne sottolineassero l’origine vegetale.
La Corte di Giustizia, con la sua sentenza, ha supportato la teoria dell’associazione tedesca, sostenendo che questi prodotti, in osservanza del diritto dell’Unione Europea, non possono adottare la stessa nomenclatura riservata ai prodotti latteario-caseari.
Pertanto, nella futura produzione (la sentenza non tocca i prodotti già in commercio) le aziende di prodotti vegetariani e vegani non potranno più proporre, per esempio, “latte di soia”, ma dovranno usare – come fanno già alcune – formule diverse come “bevanda al gusto di”.
A restare immuni da questo provvedimenti sono solo il latte di mandorla, quello di cocco e il burro di cacao, poiché è stato stabilito che tali definizioni fanno oramai parte della tradizione.
Questa sentenza servirà sicuramente a garantire al consumatore una certa trasparenza e chiarezza: nel momento in cui questi prodotti stanno diventando sempre più diffusi e il loro posizionamento sugli scaffali non è più relegato ad un piccolo angolo, ciò garantisce una distinzione che, di fatto, esiste.
