Non si sono fatte attendere le reazioni al servizio sul caffè realizzato dalla trasmissione Report, andato in onda domenica 15 dicembre su Rai 3. Il servizio riguardava in particolare il modo in cui i “baristi” preparano il caffè nei loro locali e l’attenzione e la cura che prestano alle attrezzature che utilizzano. Il servizio, però, ha coinvolto anche le torrefazioni, in particolare quelle napoletane.
Come sempre, nell’occhio del ciclone Napoli e il caffè alla napoletana, considerato “morto” e di pessima qualità, nonché i suoi torrefattori che non saprebbero scegliere origini di qualità e, men che meno, lavorare il caffè nel modo corretto, immettendo nel canale bar caffè difettoso e oleoso, sottoposto a temperature estreme nella fase di cottura.
Abbiamo raccolto alcuni commenti di alcuni caffè esperti.
Molti italiani considerano il caffè al bar come un momento di piacere quotidiano, ma la realtà dietro il bancone è spesso diversa. La scarsa formazione dei baristi è un problema crescente, poiché molti non conoscono le tecniche fondamentali per preparare un espresso perfetto. A ciò si aggiungono pratiche igieniche inadeguate, come macchine per il caffè non pulite regolarmente e filtri trascurati, che compromettono non solo il sapore ma anche la salubrità della bevanda. Il risultato è un caffè che perde parte delle sue caratteristiche distintive e, talvolta, presenta aromi bruciati e rancidi dovuti alla tostatura eccessiva dei chicchi.
Secondo Bieker, uno degli ostacoli principali nella promozione di una cultura del caffè è la mancanza di educazione critica tra i consumatori. Gli italiani non sono abituati a riconoscere le differenze tra un caffè di qualità e uno mediocre. Molti non sono in grado di identificare difetti come la presenza di aromi bruciati o astringenti, e si concentrano su caratteristiche superficiali come la persistenza della crema. Questo porta ad accettare qualsiasi caffè venga servito, privandosi della possibilità di fare scelte consapevoli.
Per migliorare questa situazione, è fondamentale promuovere una cultura del caffè che consenta ai consumatori di apprezzare le differenze tra le varietà di caffè, le tostature e le tecniche di preparazione.
Francesco Costanzo, coffee expert e proprietario della Micro Roastery “Caffè Costanzo”, ha risposto all’inchiesta offrendo una riflessione approfondita sugli aspetti tecnici e professionali del mondo del caffè, ancora poco conosciuti dal grande pubblico.
L’Italia sta assistendo a un risveglio della cultura del caffè, come dimostrato dalla crescente presenza di micro-torrefazioni di quartiere, dall’adozione di linee specialty da parte delle torrefazioni e dall’affermazione di percorsi di formazione professionale come i corsi SCA e AICAF. Nonostante questi progressi, però, la mancanza di chiarezza su alcuni concetti fondamentali persiste e il pubblico spesso non comprende appieno le differenze tra i vari stili di tostatura e le implicazioni tecniche di questi processi.
Una delle principali tematiche sollevate da Costanzo riguarda la “tostatura napoletana”, termine che, purtroppo, è diventato troppo generico e poco comprensibile per i consumatori. Sebbene questa tostatura sia tradizionalmente associata alla città di Napoli, essa viene adottata in altre parti del mondo, da Starbucks negli Stati Uniti a Caffè Nero in Inghilterra, fino al Nord Africa e alla Sicilia. Questo stile di tostatura scura ha un impatto diretto sul gusto del caffè, conferendo aromi come cioccolato, liquirizia e spezie, ma sacrificando note più floreali e fruttate. Inoltre, la maggiore amarezza e la persistente cremosità sono particolarmente adatte per l’espresso e le bevande a base di latte.
A temperature elevate, si innescano reazioni chimiche come quella di Maillard, che modifica l’aspetto e l’aroma del caffè, sviluppando composti aromatici e caramellizzando gli zuccheri. Ogni variazione di temperatura e tempo di tostatura può influire profondamente sul profilo aromatico finale, rendendo questo campo di studio particolarmente impegnativo.
La professionalizzazione del settore caffè è un obiettivo fondamentale per migliorare la qualità del servizio e la consapevolezza del consumatore. Per Costanzo, il supporto delle istituzioni è cruciale: corsi professionali regionali e iniziative a favore della torrefazione e dei baristi potrebbero rendere il settore più accessibile e aumentare la qualità della formazione.
Un altro ostacolo per l’evoluzione del settore caffè in Italia è rappresentato dal sistema dei comodati d’uso. Questo modello, che lega gli esercenti a contratti esclusivi con torrefattori in cambio di attrezzature gratuite, ha penalizzato la qualità e l’innovazione. Inoltre, la percezione del caffè come un prodotto economico e veloce, anziché come una bevanda di qualità, ha frenato la crescita di una vera cultura del caffè.
Per recuperare il terreno perso e riconquistare il primato mondiale, l’Italia dovrà adottare un nuovo modello che metta al centro formazione, cultura e ricerca. Il cambiamento passa anche attraverso una maggiore integrazione tra caffè specialty e gastronomia di alta qualità. Solo abbracciando una visione innovativa, che valorizzi il ruolo del barista e promuova una narrazione più consapevole del prodotto, l’Italia potrà rilanciarsi nel panorama internazionale.
Andrej Godina, esperto di caffè e dottore in Scienza, Tecnologia ed Economia nell’Industria del Caffè, ha sottolineato come la mancanza di consapevolezza e formazione da parte dei baristi stia danneggiando la qualità dell’espresso italiano.
Il caffè, simbolo della tradizione italiana, rischia di perdere la sua autenticità a causa di un problema che ormai affligge molti bar: la scarsa preparazione del personale. Secondo Godina, non è più accettabile che in Italia, ogni giorno, vengano servite milioni di tazzine senza che chi le prepara conosca le basi dell’estrazione, come la regolazione della macinatura, la temperatura dell’acqua e il tempo di estrazione. In alcuni casi, questo porta a servire un caffè di bassa qualità, che viene spesso corretto con zucchero e latte, annullando qualsiasi valore sensoriale.
Durante un’ispezione presso il famoso Caffè degli Specchi di Trieste, Godina ha evidenziato l’ignoranza del gestore riguardo alla miscela di caffè servita. Sebbene il bar dichiarasse di offrire una miscela “top di gamma”, il barista smentiva tale affermazione, rivelando che la composizione era diversa da quella dichiarata. Questo è solo uno degli esempi che dimostrano come la qualità del caffè venga spesso messa in secondo piano, a scapito del consumatore finale e dei torrefattori.
Una delle principali criticità che emergono dal discorso di Godina è la mancanza di formazione adeguata per i baristi. La scarsa conoscenza delle regole di base per l’estrazione di un buon espresso, unita alla manutenzione inadeguata delle attrezzature, porta a un servizio di bassa qualità. Tuttavia, esistono scuole di formazione valide, soprattutto in alcune torrefazioni, che potrebbero svolgere un ruolo fondamentale nella riqualificazione del settore. Ma queste scuole non vengono sfruttate appieno, mentre le istituzioni pubbliche, come le scuole alberghiere, spesso non sono aggiornate.
Godina conclude sottolineando che l’aumento dei costi delle materie prime impone una riflessione sul valore del caffè. Per affrontare questo cambiamento, è fondamentale valorizzare il prodotto e le persone che lo lavorano, attraverso una formazione adeguata. Solo in questo modo sarà possibile giustificare un eventuale aumento del prezzo della tazzina e garantire che il caffè italiano mantenga il suo prestigio internazionale.