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Area Studi Mediobanca: i dati sul mercato globale del caffè

L’Area Studi Mediobanca ha pubblicato un approfondimento sull’industria internazionale del caffè con un focus sui 49 maggiori player italiani, che fatturano complessivamente 5,8 miliardi di euro ed esportano il 55,5% delle vendite.
L’INDUSTRIA MONDIALE DEL CAFFÈ: DUE ITALIANE NELLA TOP-10


Il mercato mondiale del caffè torrefatto nel 2022 è valutato in circa 120 miliardi di dollari. Esso rappresenta consumi pari a 170,8 milioni di sacchi da 60 kg, equivalenti a 3,1 miliardi di tazzine bevute ogni giorno su scala globale. Si prevede un aumento regolare delle quantità nei prossimi anni, con tassi di crescita compresi tra l’1% e il 2% che porterebbero a un consumo fino a 208 milioni di sacchi nel 2030, ovvero 3,8 miliardi di tazzine al giorno.
La produzione mondiale di caffè torrefatto è abbastanza parcellizzata nonostante la presenza di multinazionali. I primi dieci produttori soddisfano poco più del 35% della domanda mondiale, di cui il 16,1% in capo ai due leader mondiali: l’elvetica Nestlé e l’olandese JDE Peet’s. Nel novero dei principali produttori mondiali rientrano le due italiane Lavazza e Massimo Zanetti Beverage Group che insieme rappresentano il 4,1% della torrefazione del green coffee globale.

DOVE E COME SI BEVE IL CAFFÈ IN ITALIA


In questo quadro, l’Italia riveste un ruolo di primo piano, innanzitutto come Paese consumatore: è il settimo al mondo con 5,2 milioni di sacchi annui, circa 95 milioni di tazzine di caffè sorseggiate ogni giorno, ovvero 1,6 in media per abitante.
In termini pro-capite, sono notoriamente i Paesi del Nord Europa a presentare i livelli più alti: 4,4 tazzine quotidiane per la Finlandia, 3,2 per la Svezia e 2,6 per la Norvegia. Nonostante la radicata consuetudine del ‘caffè al bar’, il consumo domestico nei Paesi dell’UE-27 rappresenta il 79% del totale, arrivando all’82% in Italia.
Infatti, la GDO italiana canalizza oltre la metà dei volumi di caffè torrefatto venduti, con un ulteriore 20,6% veicolato dal dettaglio tradizionale, dai negozi specializzati e dall’e-commerce. Il restante 25,2% si ripartisce tra alberghi, ristoranti, caffetterie e catering (15,4%) e distributori automatici e Office Coffee Service (9,8%).
Sebbene in Italia il caffè macinato in sacchetti resti il preferito con il 73,6% dei volumi totali venduti nella GDO, cialde e capsule vi incidono per il 16,2% e rappresentano il segmento maggiormente dinamico (+18,8% tra il 2020 e il 2021), anche grazie alla diffusione delle capsule compatibili. Gli altri formati (in grani e solubile) sono meno apprezzati nel nostro Paese.


LE TORREFAZIONI ITALIANE: UN’ECCELLENZA PRODUTTIVA ED ECONOMICA


Il fatturato non consolidato delle imprese italiane è stimato in 4,5 miliardi di euro, alle spalle delle francesi (7,2 miliardi), ma davanti alle tedesche (4,2) e spagnole (3,5). Non solo: la dimensione della nostra torrefazione si abbina a performance economiche lusinghiere. L’incidenza dell’Ebitda sul fatturato delle imprese italiane si attesta all’11,6%, doppiando Germania (6,2%) e Francia (5,2%) e superando la Spagna (10,1%). Per contro, il tessuto produttivo italiano resta molto frammentato, considerando che nel nostro Paese operano poco meno di mille torrefazioni, prevalentemente localizzate nel Mezzogiorno (31,3% del totale) e nel Nord Ovest (27,3%).
La mole produttiva italiana si riverbera in un’intensa attività di vendita all’estero: nel 2021 siamo il sesto esportatore mondiale con 1,8 miliardi di euro (6,1% del totale mondiale) e addirittura il primo per quantità in termini di caffè torrefatto.
All’interno dell’UE, l’Italia è il secondo esportatore alle spalle della Germania, ma vanta la leadership europea per quanto riguarda le destinazioni extracomunitarie con il 32,9% del totale. I primati italiani hanno agito da abilitatori a favore di alcune specialità strumentali al consumo di caffè. Il caso più eclatante è quello degli apparecchi elettrotermici a uso domestico per la preparazione del caffè ove l’Italia figura come primo esportatore comunitario e secondo a livello mondiale, alle spalle della sola Cina.

I MAGGIORI TORREFATTORI ITALIANI:
EXPORT AL 55,5% E GRANDI ECCELLENZE NEL MEZZOGIORNO


I player italiani con giro d’affari superiore a 10 milioni di euro sono 49 e nel 2021 hanno fatturato 5,8 miliardi di euro. Sei aziende per 605 milioni di vendite sono riconducibili a proprietà straniera. Tra il 2019 e il 2021 il giro d’affari complessivo ha riportato una crescita media annua pari all’1% (+0,4% oltreconfine, +1,7% domestico). Nello stesso periodo si segnalano le prestazioni assai vivaci delle imprese del Sud e Isole (+8,8% medio annuo) che superano le performance di quelle del Nord Ovest (+2,3%) mentre le restanti aree rimangono arretrate rispetto al giro d’affari del 2019. L’aggregato ha registrato nel 2021 una quota di esportazioni pari al 55,5%, percentuale molto alta se paragonata a quella dell’intero settore alimentare (27,5%).
Le imprese di maggiore dimensione raggiungono il 69,1% di vendite oltre confine, mentre quelle del Sud e Isole, pure molto performanti, hanno una vocazione domestica con export limitato al 9,9%. Nel complesso, comunque, l’industria del caffè italiana restituisce una immagine di complessiva solidità tanto da meritarsi una valutazione pari a BBB[1]che le consente l’attribuzione alla macrocategoria ‘investment grade’, ossia quella con la maggiore solvibilità. La crescita delle vendite messa a segno nel 2021 pare essere proseguita anche nel 2022 con un aumento del fatturato nominale pari all’8,4%, più marcato sul mercato estero (+12,9%) e meno su quello interno (+2,8%).

 

 

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