Secondo quanto emerge da un’indagine condotta da Nomisma per conto di ASSOBIBE, associazione di CONFINDUSTRIA che rappresenta i produttori di bevande analcoliche, su un campione di 1.200 italiani tra i 18 e i 65 anni, la Sugar tax prevista in Italia è inutile per la salute e dannosa per le tasche dei consumatori, per il comparto e per tutta la filiera. Secondo il campione intervistato rappresenterà solo un’ennesima imposta a danno soprattutto delle categorie più povere.
Rimandata per la terza volta dalla sua introduzione e ora prevista in vigore dal 1° gennaio 2023, la sugar tax si applica alle bevande caratterizzate dal gusto dolce, siano esse con e senza zucchero. Ma l’imposta, pari 10 euro ad ettolitro di bevanda che grava sui produttori, piace agli italiani?
Non convincono le finalità dell’imposta: secondo gli intervistati, infatti, la Sugar tax non porterà ad una riduzione significativa dei consumi di bibite analcoliche visto che per il 76% non favorirà la riduzione dell’obesità tra i giovani e per il 77% non faciliterà una corretta alimentazione.
“Hanno ragione – continua Pierini -, perché secondo le stime Nomisma l’introduzione della tassa comporterà un aumento del prezzo medio del 13% per le aranciate, dell’11% per chinotti, sode, limonate e aperitivi analcolici, solo per citarne alcuni. Non usciremo dalla crisi con una manovra espansiva di un anno e nel clima di generale incertezza e difficoltà in cui presumibilmente saremo ancora a gennaio 2023 mettere mano alle tasche degli italiani con una ulteriore tassa che colpisce i consumi suona come una contraddizione rispetto alle intenzioni dichiarate dal Governo di tagliare le tasse per sostenere la ripresa”.
Da tempo i consumatori italiani hanno ridotto in maniera costante il consumo di bevande zuccherate e l’Italia è il Paese Europeo con il più basso consumo di bevande analcoliche 1. Inoltre, le versioni senza calorie delle bevande analcoliche sono cresciute in dieci anni del 74%.
In parallelo le aziende hanno intrapreso un percorso con il Ministero della Salute per ridurre il contenuto di zucchero immesso in consumo del 27% e un ulteriore taglio del 10% è previsto nel 2022.
“In questo quadro, non ha davvero alcun senso demonizzare un solo prodotto, che oltretutto rappresenta la tradizione italiana, fingendo di non sapere che il 99% dell’introito di zuccheri proviene da altre fonti – conclude Pierini -. Il contrasto all’obesità è una priorità e per questo non possiamo accontentarci di una soluzione inefficace e illusoria”.