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Back-reshoring. Si torna a produrre in Italia

12-06-2017 – È il risultato di una ricerca svolta dall’Uni-CLUB MoRe Back-reshoring su un lungo periodo che va dal 2010 ad oggi  e che analizza il comportamento degli imprenditori rispetto al luogo/Paese in cui collocare il proprio sito produttivo.
La necessità di analizzare tale andamento è nata dall’aver osservato che il fenomeno crescente negli anni passati, che ha visto tante aziende delocalizzare la produzione, cominciava a dare segnali di rallentamento, fino ad evidenziare il rientro in Patria di un buon numero di imprese.
La “fuga”, come sappiamo, è stata ed è determinata principalmente da condizioni economiche favorevoli (minor costo della manodopera, tassazione più leggera ecc.), per le quali alcuni Paesi risultano di grande attrazione.
Secondo la ricerca dell’Uni-CLUB MoRe Back-reshoring, sostenuta dalle università di Catania, L’Aquila, Udine, Bologna, Modena e Reggio-Emilia, sarebbero a tutt’oggi almeno 70 le imprese manifatturiere italiane che hanno riportato la produzione in patria. Il Paese maggiormente colpito da questo particolare spopolamento è la Cina, fino a poco tempo fa meta preferita degli imprenditori.
Ma quali sono i motivi che spingono verso il rientro, dal momento che in Italia non sono certo cambiate e migliorate le condizioni che regolano le assunzioni, né è stato alleggerito il carico fiscale sulle imprese?
A spiegarlo, Luciano Fratocchi, membro dell’Uni-CLUB MoRe Back-reshoring e professore dell’Università de L’Aquila, in un’intervista rilasciata a Epoch Times.
Secondo il prof. Fratocchi il motivo principale è il crescente valore acquisito dal made in Italy, un valore riconosciuto soprattutto nei mercati internazionali che premiano l’artigianalità del nostro lavoro e, di conseguenza, le skills della nostra manodopera. Il valore percepito del prodotto è quindi un fattore trainante, che permette anche di applicare un prezzo un po’ più alto: il buyer è disposto a pagarlo perché riconosce la qualità del prodotto made in Italy.

Il fenomeno del reshoring potrebbe aumentare significativamente se cambiassero le condizioni in cui le imprese operano, se si mettessero a disposizione degli imprenditori incentivi fiscali, se ci fosse maggiore flessibilità e minore carico burocratico.
Il governo è ben conscio dell’impatto positivo del reshoring sull’economia nazionale, ma non può prevedere incentivi che convincano le imprese che hanno delocalizzato a tornare. Questo per par condicio con chi, nonostante tutto, ha deciso di continuare a fare impresa in Italia. Verrebbe giudicato “comodo” e iniquo il comportamento di colleghi che, dopo aver usufruito di tutti i vantaggi della delocalizzazione, godrebbero poi degli incentivi messi a disposizione per il rientro.
Migliori condizioni per tutti, affinché l’Italia diventi un Paese in cui sia interessante intraprendere per gli italiani e per le aziende straniere che. oltre che godere di condizioni economiche favorevoli, si avvarrebbero del know how  che fa made in Italy un’eccellenza riconosciuta in tutto il mondo.

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