Caro Gian Achille,
più che mai ora, mi avvicino a te. E sembra strano che la causa del nostro riavvicinamento sia a causa della tua malattia, una malattia tremenda.
La mia unica recriminazione è di non averti amato abbastanza e di non essere stato il figlio che desideravi. Il dolore ci ha colpito molte volte, come figlio e come padre. La sofferenza ci ha unito profondamente e ci ha anche allontanato. Dicono che sono le esperienze che ci portano ad odiare l’autorità, le regole e le imposizioni. Come figlio ti ho certamente dato molte preoccupazioni, ma anche tu, come figlio ne avrai date a tua volta ai tuoi genitori.
Ricordo che facevo tutto ciò che più ti infastidiva e mi piaceva essere ciò che tu mi insegnavi a non essere Ora da padre l’ho capito. E quanti scontri, quante litigate e incomprensioni anche profonde.
Ora che sono ormai verso i sessanta (pur non volendoli sentire…), ho sentito l’odore degli errori perché la vita mi ha sbattuto in faccia la sua crudeltà, ma ho saputo rialzarmi e con la forza che tu mi hai insegnato non mi sono lasciato andare, anzi, ho tirato fuori una grinta che non sapevo di avere. Ed ora ho una bella famiglia ed un lavoro rispettabile, quasi una professione sociale. Pensa che aiuto le persone ad occuparsi dei loro risparmi e a proteggere la propria vita e le persone più care nel pieno rispetto delle normative, ma soprattutto nel pieno di un’etica che mi hai insegnato tu. E i risultati devo dire sono importanti e lusinghieri.
Sono rinato come figlio, ora non sono più il figlio di Gian Achille ma sono GIANLUCA. È stato meraviglioso essere tuo figlio, non smetterò mai di dirtelo.
Grazie papà
Tuo Gianluca