19-01-2015 – La Nestlè Italiana sembra essere nell’occhio del ciclone, attaccata dai sindacati nazionali preoccupati dallo status quo degli stabilimenti e, di conseguenza, dei lavoratori italiani del Gruppo. E non si tratta solo dello stabilimento Perugina di San Sisto, le cui vicende sono ben note.
Secondo FAI Cisl, FLAI Cgil e Uila Uil, il nodo del problema è la totale assenza di iniziative imprenditoriali che relega l’azienda in una sorta di immobilismo e mostra la sua incapacità a gestire la crisi, pianificando per il futuro nella direzione dello sviluppo. Una situazione di cui sono vittime i dipendenti, in balia di ammortizzatori sociali e precarietà occupazionale.
Per questi motivi, le organizzazioni sindacali hanno voluto mettere nero su bianco le proprie perplessità, tentando allo stesso tempo di focalizzare i punti critici sui quali, secondo loro, il gruppo Nestlè dovrebbe intervenire per dare nuovo impulso alla produzione.
Le criticità possono essere per grandi linee raccolte nei seguenti punti:
– Delocalizzazione. Nestlè sembra non dare giusto peso agli stabilimenti italiani, avendo trasferito all’estero alcune produzioni, tra le quali anche quelle che rappresentano un’eccellenza del Made in Italy, sia per le materie prime usate che per il know-how dei processi produttivi.
–Innovazione. Nestlè sembra non voler cogliere i cambiamenti nelle abitudini alimentari dei consumatori e pertanto non investe adeguatamente nell’innovazione dei prodotti, un’innovazione che ne incrementerebbe la competitività nel mercato.
–Export. Nestlè Italiana sembra poco propensa all’export, un controsenso nel momento in cui il mercato interno è saturo e avrebbe bisogno di nuovi sbocchi, soprattutto nei Paesi in cui cominciano ad avvertirsi segnali di ripresa.
I sindacati firmatari della lettera aperta attendono adeguate risposte in nome del rispetto e della considerazione che la professionalità dei lavoratori italiani merita.
