Mentre un Paese come il Canada si avvia verso la depenalizzazione delle droghe pesanti, l’Italia fa un passo indietro e dichiara illegale la cannabis light, equiparandola alle altre droghe. Gli attori della filiera – dai coltivatori di marijuana ai distributori, dai negozi specializzati ai gestori di distributori automatici – vedono andare in fumo quello che un business che stava crescendo a doppia cifra. Tant’è vero che l’impennata dei consumi di cannabis light, registrata durante la pandemia e i vari lockdown, aveva spinto i venditori ad organizzarsi in maniera più strutturata, attraverso servizi di delivery e l’incremento del numero di vending machine, indispensabili nei mesi in cui i negozi non essenziali sono stati chiusi, ma anche come punto vendita discreto per i consumatori.
I ministeri coinvolti non hanno tenuto in conto la lettera a loro inviata dall’associazione Federcanapa in cui si sottolineava come il “contenuto del provvedimento fosse ingiustificatamente restrittivo per lo sviluppo del comparto della canapa industriale… (esso) sancirebbe un’ingiustificata ed anacronistica limitazione per gli agricoltori italiani che si vedrebbero costretti a rinunciare alla possibilità di destinare le produzioni di foglie e infiorescenza da varietà a basso THC alla produzione di aromi, sostanze attive non psicotrope, semilavorati per la cosmesi, rinunciando alla parte di pianta in cui risiedono le principali proprietà officinali.”
Il 15 febbraio si deciderà la data della consultazione popolare che potrebbe “salvare” il comparto.