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La gran bagarre della tassa sulle merendine

25-09-2019 – Con ogni probabilità, il neo ministro dell’istruzione, Lorenzo Fioramonti, non si aspettava che la proposta di tassare merendine e bibite zuccherate per pagare meglio insegnanti e ricercatori, avrebbe scatenato il putiferio a cui stiamo assistendo da alcuni giorni.
Fatto sta che il dado è tratto e la polemica è ormai più che viva sui media e sui social, dove ognuno ha detto la sua contro una decisione che sembrerebbe molto meno efficace di quanto declamato.
A cominciare dalle forze sindacali, che hanno visto schierato  il segretario generale della Fai Cisl, Onofrio Rota, per il quale “tassare bibite e merendine per fare cassa, è inutile e sbagliato” e porta ad esempio i risultati ottenuti in paesi come Francia e Danimarca dove, riporta il segretario Rota, “non c’è stato alcun vero cambio nei consumi alimentari e si è arrivati a dover rivedere o abolire queste misure”.
Altro punto a sfavore è rappresentato dalle conseguenze dell’eventuale tassa sull’andamento dei settori colpiti e, di conseguenza, sull’occupazione.
Lo hanno ben evidenziato gli industriali delle bibite, preoccupati non solo dal carattere della “ricetta economica” ma anche dalle errate informazioni che si vogliono far passare, facendo di tutta un’erba un fascio e generalizzando sugli effetti di tutte le bibite e di tutte le merendine in commercio. Si dimentica che l’industria delle bibite e delle merendine in Italia negli anni ha realizzato prodotti sempre più leggeri, ponendo anche attenzione alla salute del consumatore e all’aspetto green con confezioni trasparenti nelle informazioni e riciclabili.
Mario Piccioluti, Direttore generale di Unione Italiana Food, l’associazione che rappresenta 400 aziende produttrici in Italia anche di merendine (comprese Ferrero, Barilla e Bauli) ha fatto presente che in Italia i risultati raggiunti dall’industria delle merendine a fine 2017 hanno superato gli obiettivi condivisi con il Ministero della Salute. Oggi una merendina italiana contiene in media circa 8,8 grammi di zuccheri, cioè -30% rispetto a 10 anni fa, mentre il contenuto di grassi saturi medio di una merendina è di 3 grammi, -20% rispetto a 10 anni fa.

Se appare naturale che i primi a reagire siano stati gli studenti (non dimentichiamo che nelle scuole, e non solo qui, il bersaglio sono prima di tutto i distributori automatici), conforta sapere che persino la Società Italia Pediatria (SIP) ha espresso il proprio dissenso. Il presidente Alberto Villani, considerando la tassa sulle merendine una sconfitta,  ha sottolineato invece la necessità di promuovere stili di vita adeguati, che prevedano un’alimentazione corretta. Condividendo l’opinione del direttore di Unione Italiana Food, il quale ha affermato: “Quello che è importante capire è che non è efficace porre una tassa per colpire un’errata nutrizione. Dal punto di vista scientifico non esistono cibi buoni o cibi cattivi, esistono invece abitudini alimentari sbagliate e stili di vita non appropriati, che si contrastano con l’educazione alimentare e l’informazione al consumatore“.

Un’opinione condivisa da più parti e che vuole ricordare al premier Conte che pane e salame possono essere meno salutari di una semplice e banale merendina.


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