Contro tale decisione si è opposta la proprietà che ha chiesto ed ottenuto un incontro col sindaco, senza ottenere alcun risultato. Poiché la restrizione avrebbe avuto validità fino a “espressa revoca”, cosa che avrebbe potuto avere una qualsiasi durata, all’azienda non è rimasto altro che ricorrere ai giudici del TAR, non dopo aver espresso la propria rabbia attraverso una lettera aperta inviata alla redazione de “La Nuova Calabria” a firma di Mario Pietro Samarotto, un consulente che opera all’interno della stessa azienda, che qui riportiamo:
Che rabbia non aver convinto la massima autorità cittadina che rispettiamo le regole e che tutti gli adempimenti richiesti li abbiamo sempre messi in pratica (come la pulizia delle aree adiacenti ai nostri bar). Che rabbia aver sofferto la chiusura delle attività produttive ed il fermo del lavoro per il Covid e quando finalmente puoi pensare di iniziare di nuovo la tua attività ti viene impedito. Che rabbia vedere il concorrente di Soverato con gli H24 che se ne è infischiato dell’ordinanza, rimanendo sempre aperto e lavorando nei suoi due punti vendita, che rabbia vedere il concorrente di Soverato vendere alcolici dopo mezzanotte malgrado una legge nazionale lo vieti, che rabbia tenere i ragazzi in cassa integrazione sapendo che hanno bisogno di lavorare, come l’azienda di produrre, che rabbia pagare gli affitti dei locali e non poter chiedere un aiuto allo stato perché è un’attività giovane e malgrado tutto non rientra nei criteri economici previsti per gli aiuti Covid. Che rabbia passare per i fessi che cercano di rispettare le regole, perdendoci, contro i furbi che se ne infischiano guadagnandoci, che rabbia fare una passeggiata sabato sera e vedere la propria attività “spenta”, mentre tutto intorno brulica di persone e di movida. Quella di Saibabar è una rabbia onesta di chi vuole fare impresa correttamente, e allo stesso tempo triste per le conclusioni che questa storia, come tutte le altre ci insegnano che chi segue le regole in questa terra bisognosa di imprenditori ‘sbaglia’. E allora come pensiamo di cambiare la nostra piccola terra, il Sud, l’Italia, se non riusciamo a ribaltare l’assioma in “…che fesso, non ha rispettato le regole…?”
Il 3 luglio, il Tar ha espresso la sua decisione e accolto l’istanza cautelare dell’impresa, stabilendo che l’attività può riprendere secondo i consueti orari, non sussistendo le motivazioni addotte dall’ordinanza comunale.
La Camera di Consiglio si pronuncerà in via definitiva il prossimo 29 luglio.