Da pochi giorni è entrato in vigore l’obbligo di POS per la maggior parte delle attività di vendita e prestazione di servizi – pena sanzioni per chi non si è ancora adeguato – e la legge è già considerata anacronistica rispetto all’evoluzione digitale che ha interessato i sistemi di pagamento negli ultimi anni.
D’altra parte, la bozza di legge originaria che obbligava i commercianti a dotarsi di POS è datata 2014 e, nel momento in cui il 30 giugno è diventata un imperativo, non si è tenuto conto dei cambiamenti che nel frattempo il settore ha vissuto, soprattutto con l’avvento delle app di pagamento, preferite in particolare dai più giovani.
Di conseguenza, Paypal, Satispay, Google Pay e tutte le altre sono state tagliate fuori, non consentendo ai prestatori di servizi di poter scegliere la forma digitale di pagamento preferita o più conveniente.
A denunciare questa lacuna, Roberto Dalmasso, CEO di Satispay, il quale fa presente che in Europa una norma vieta di privilegiare una forma di pagamento piuttosto che un’altra e chiede che in Italia la legge venga cambiata, includendo anche le app, come era stato già richiesto da alcuni emendamenti presentati da forze politiche di diverso schieramento nella fase di conversione del decreto in legge.
Si tratta quindi di allinearsi all’Europa, ampliare le possibilità anche a vantaggio di sistemi di pagamento meno onerosi, che incentiverebbero il pagamento elettronico anche solo per un caffè: con Satispay, ad esempio, fino a una spesa di 10 euro non ci sono commissioni.
Altro argomento controbattuto riguarda le multe, improponibili ai commercianti che faticano a riprendersi dopo due anni di pandemia e la crisi legata alle problematiche scaturite con il conflitto russo-ucraino. Il governo avrebbe dovuto puntare sugli incentivi ed invece il bonus POS dallo scorso anno a questo è sceso dal 100% al 30%.
Umberto Zola, responsabile per la crescita in Italia di SumUp è convinto che “la sanzione porterà gli esercenti più restii ad accettare i pagamenti digitali. Ma questa legge non va molto nella direzione di cambiare le abitudini. Meglio gli incentivi come il cashback”.
La discussione su quella che sembrava essere la svolta digitale dei sistemi di pagamento e la strada attraverso la quale battere i pagamenti in nero, che riguardano soprattutto i micropagamenti, è aperta e preannuncia modifiche ad una legge che ha impiegato quasi un decennio per entrare in vigore.