La storia è iniziata verso la fine dello scorso anno scolastico quando, in seguito ad un controllo dell’ispettorato del lavoro, si erano evidenziate alcune irregolarità che riguardavano l’addetto alla vendita delle merende e la ditta di cui faceva parte, pesantemente sanzionata. Con l’inizio del nuovo anno scolastico, il preside ha preferito interrompere la vendita sul posto effettuata dalla ditta esterna, anche in virtù del fatto che la scuola dispone di un regolare servizio di Distribuzione Automatica, al quale riferirsi. Il punto è che il plesso conta 500 allievi e 100 docenti, troppi per una batteria di macchine costituita solo da un distributore del caldo e un distributore di bibite e snack, per altro collocati al piano terra. Considerati i pochi minuti della pausa, si crea una tale coda alle macchine, che il tempo non basta per servire tutti e coloro che riescono a raggiungere l’agognata pulsantiera, trovano ben poco da scegliere, essendo esaurita la maggior parte dei prodotti.
Ricevuti dal preside, gli studenti hanno potuto esporre le loro richieste, ovvero il ritorno dell’ambulante esterno, l’inserimento di ulteriori distributori automatici e il prolungamento dell’orario della pausa merenda. Ma il preside, ligio alle regole, ha risposto picche su tutti i fronti: in base a una sentenza del Consiglio di Stato non è possibile introdurre nella scuola cibi non confezionati; per installare altri distributori automatici occorre attendere la scadenza del contratto con l’attuale gestore; la durata della pausa non può essere modificata, poiché ciò implicherebbe la modifica dell’intero piano triennale dell’offerta formativa.
Un preside, dunque, irremovibile, che ha concesso solo un minimo di tolleranza in caso di ritardo nel rientro in classe dopo l’intervallo, ma che, secondo molti alunni e genitori, mostra una generale indisponibilità all’ascolto, anche su questioni ben più serie della pausa snack.