In questo caso, per “cose” si intendevano le emissioni di fumi e relativi odori nell’area circostante la torrefazione,F fenomeno che era stata denunciato dagli abitanti, i quali affermavano di accusare malesseri conseguenti, a loro parere, al cattivo odore dei fumi prodotti dall’impianto.
Sebbene il titolare avesse dimostrato di essere in regola con tutte le norme relative al tipo di attività e che le emissioni non superavano la soglia consentita, i giudici si sono pronunciati con una condanna, fino all’ultimo grado del giudizio.
Non esistendo un metodo scientifico per misurare la molestia olfattiva degli odori, il giudizio va rimandato ai sensi. È, quindi, un giudizio non tecnico ma dipendente dalla più o meno personale tolleranza a certi odori, un parere “umano” la cui soglia di misurazione non può essere generalizzata ed assunta come principio universalmente applicabile.
Ciò che ha maggiormente colpito l’accusato, come riferisce il legale rappresentante, è che la condanna non sia stata limitata all’ambito civilistico, ma sia stata attribuita alla sfera penale, sebbene non vi fosse alcuna intenzionalità da parte del torre fattore di arrecare danni all’ambiente.